giovedì 27 novembre 2014

lettera ad un'amica che ha appena perso la creaturina che covava dentro di sè

Sto guidando ma volevo provare a dire a M qualcosa delle poche cose che ho imparato rispetto ad un cuoricino che batteva dentro di noi e che smette di battere.
Innanzitutto ho imparato che possiamo solo rassegnarci. Avremo forse altri figli, ma quell'esserino che custodivamo con cura è ormai tra gli angioletti. 
Tenerlo in grembo senza più vita per qualche giorno per me è stato meno tragico di quel che pensassi, è stato un distacco meno violento, spero sia altrettanto per te. Nulla si cancella, ma può smettere di fare così tanto male.
le persone razionali che mi circondano dicono "meglio sia successo adesso che poi", hanno sicuramente ragione, tuttavia la mia risposta in fondo è "già che c'eravamo poteva essere meglio non accadesse mai e basta".
Il difetto di noi mamme è che proiettiamo, vediamo una lineetta su un test di gravidanza e speriamo in un cuoricino, vediamo un cuoricino e iniziamo a sognare il nostro bambino. Ma è proprio questo nostro difetto a renderci madri, a darci quel quid in più che manca agli altri. Avevamo già iniziato a sognare il rientro a casa con il neonato, la nostra prima vacanza a 5, le tutine da tirar fuori e accarezzare, la reazione delle bimbe, le coccole, la famiglia numerosa. Difficile credere sia successo veramente a noi, A noi che con tanta naturalità e semplicità avevamo dato vita a due meraviglie, il nostro corpo ci sembrava atto ad essere il corpo di una madre, difficile accettare che questa volta non lo sia stato. eppure le cose sono andate in questa maniera, possiamo solo accettare e dobbiamo farlo nel migliore dei modi per noi stesse e per le nostre bambine. Incidentalmente poi, non è colpa del nostro corpo ma dell'assetto cromosomico del nostro piccolo, se il suo cuoricino ha smesso di battere, e nulla possiamo noi contro la forza della natura. 
Io davvero non dubito che i nostri corpi possano custodire delle nuove creature, se lo dubitassi non avrei insistito, abbiamo le prove viventi che possiamo farlo. Ci vuole pazienza, bisogna stare tranquille, pensarci ma anche distrarsi. 
Perdere un figlio che abbiamo in grembo ci insegna a guardare con occhi diversi i nostri figli, ci insegna a guradare con maggior stupore al miracolo della vita.
Per me non è ancora banale guardare un neonato, è spesso un pugno al cuore, ma supereremo anche questo. Intanto ora affronta quel che devi affrontare, non ci si può tirare indietro, poi bisogna lasciar passare un po' di tempo sia per il nostro corpo che per la nostra mente. Da lì in poi si può riniziare a respirare, e se lo si desidera, a pensare ad una nuova maternità.
Ti sono vicina vicina vicina...

dal web.... NON DITE AI MIEI FIGLI CHE ....

Ogni tanto mi coglie una nostalgia acuta di quando Lorenzo era piccolo, pochi mesi. Ci svegliavamo nella vecchia casa al quinto piano (la luce degli attici è roba di lusso anche se in affitto), lo vestivo bene e poi si partiva. Passi infiniti in mezzo all’inverno, lui dormiva al caldo vestito come Tutankhamon, io spingevo, spingevo e i pensieri non duravano più di un istante, sbuffi di condensa pronti a dissolversi nell’aria fredda. Aravo Torino, avanti e indietro: portici, vie, piazze, per chilometri, a ritmo costante perché il mio carico prezioso non si svegliasse. Mi manca quella marcia dell’amore, la ripetizione di un compito semplice, basta spingere e sei una buona madre. Poi c’è un momento in cui smetti di spingere e cominci a rincorrere, loro scappano, prendono velocità e tu dietro. Oppure a tirare. Si piantano come macigni lì dove sono e non c’è modo di mandarli avanti. E tutto si fa incerto, nessun sentiero arato, nessun percorso conosciuto, si va a zig zag. Non dite ai miei figli che mi manca spingerli, un passo dietro a loro, senza pensieri, senza incertezze, solo “guido io, tu dormi, se vuoi ti canto nel tragitto”.
Non dite ai miei figli che quando li minaccio col “conto fino a tre e vengo lì”, confido nei numeri periodici, perché non ho assolutamente idea di cosa debba accadere quando andrò lì.
Non dite ai miei figli che non gli ho mai dato le gocce di fluoro. Le compro, ma poi finisce che mi dimentico e poi mi sento in colpa e poi mi metto le sveglie sul cellulare per ricordarmi di farlo da domani e poi domani gli do le gocce di fluoro ma non gli faccio lavare i denti. Oppure gli faccio lavare i denti ma poi gli concedo un biscotto al cioccolato prima di dormire. E alla fine aspetto che su facebook qualcuno che fa controinformazione mi dica che le gocce di fluoro fanno crescere i denti sani, ma sotto le piante dei piedi.
Non dite ai miei figli che non ho un’idea precisa di quello che sto facendo con la loro educazione spirituale. Credo in Dio a giorni alterni e, infatti, ho battezzato un figlio su due. I giorni in cui Marta balla Maracaibo sono quelli in cui il mio ateismo vacilla. Resta che da piccola, a sei o sette anni, mio padre mi portava alla messa e per tutto il tempo la mia mente ripeteva delle bestemmie impronunciabili, era più forte di me, sapevo che era sbagliato e mi sentivo in colpa, ma quelle affioravano direttamente dall’inferno ed era impossibile ricacciarcele. Di notte temevo che mi apparisse la Madonna per punirmi. La storia delle bestemmie in chiesa, ecco quella non ditela ai miei figli.
Non dite ai miei figli che non ho un’idea precisa di quello che sto facendo con la loro educazione sentimentale. Ma ditegli, perché credo che lo debbano sapere, che non lo sa nessuno, ché i sentimenti “si provano” e molto spesso, purtroppo, non “si riescono”. Detto questo, non c’è dubbio alcuno, che loro mi siano riusciti (oggi è un giorno di fede) da Dio.

giovedì 20 novembre 2014

Come cambiano i punti di vista

Footloose lo avrò visto 10-20-30 volte negli anni 1988-1990. Guardavo lui, accattivante, rivoluzionario con un suo perché, guardavo lei, eccessivamente ribelle, bella e disinvolta. Mi chiedevo cosa fosse l'amore. Mi chiedevo se anche io avrei vissuto qualcosa di simile al loro "ballo di fine anno". Quando io guardavo quel film avevo 5-6 anni in meno dei protagonisti, erano dei miei eroi, dei miei esempi, anche se contestualizzati in un America "di periferia" molto distante dalla mia torino. Pendevo dalle labbra di lui che metteva a tacere l'austero padre di lei. Guardavo con disapprovazione il padre di lei, il reverendo della comunità, chiuso nel suo ruolo, cieco alle (giuste!) necessità della figlia.
Per 25 anni non ho più visto questo film.
L'ho rivisto ieri sera, ho scoperto che lo conosco ancora a memoria. Ho scoperto che mi sono data tante risposte alle domande che mi facevo 25 anni fa sull'amore, sui baci, sul sesso, sulle feste, sull'amicizia. E sono tutte risposte felici, non necessariamente uguali a quelle del film, a tratti anche migliori. Trovo ancora affascinante il protagonista. Trovo particolarmente "bimba" la ragazza. Capisco finalmente che il copione è stato scritto da un adulto. La cosa che mi stupisce è che, anche se so a memoria il copione, per la prima volta ciò che mi interessa è ciò che dice il reverendo e sua moglie. Mi colpiscono le frasi dette tra padre e figlia tipo "eravamo così uniti una volta", o "non ci capiamo più", e qui capisco che sono cresciuta, che continuo ad immedesimarmi nei personaggi dei film che vedo, ma questa volta non mi chiedo più come si faccia ad innamorarsi, ma mi chiedo come si faccia ad essere un buon genitore, a non "perdere i figli", a coniugare le proprie durezze da adulto con il bisogno di sognare dei propri figli. Mi chiedo come si faccia a mantener aperti i canali di comunicazione coni figli, come si faccia ad educare senza schiacciare, ad imporsi senza soverchiare. Mi chiedo come si faccia ad essere un buon genitore.
Questo film quando avevo 15 anni lo guardavo certamente con mio padre, e probabilmente vedevamo due film diversi, belli entrambi, ma lo so solo ora.
È bello diventare grandi.

http://www.footloosemovie.com/en_us/